domenica 9 maggio 2010

Come ci siamo arrivati? Ovvero il valore negativo del femminismo.

Mi sembra sempre più unanimemente condiviso il valore negativo che viene attribuito al femminismo. E quello che è più strano è che questo valore negativo è diffusissimo tra le donne e, ancora più interessante, è diffuso tra le donne che hanno un ruolo sociale prestigioso o hanno raggiunto una autonomia ben riconoscibile. Ho letto di recente, ad esempio, una intervista a Monica Bellucci su Vanity Fair, nella quale prendeva nettamente le distanze dal femminismo, nonostante assumesse nella propria vita e nella propria quotidianità molti dei valori che il femminismo ha diffuso nella società. Sembrerebbe perduta la consapevolezza per la quale se facciamo quello che possiamo fare adesso, cose normali come votare, studiare, lavorare, decidere se avere o meno dei bambini, decidere se sposarci o meno, divorziare, praticare uno sport, indossare i pantaloni, lo dobbiamo solo al lavoro di quante prima di noi hanno combattuto per ottenerle. Anzi, sembrerebbe che si voglia rinnegare tutto questo.
Mi interessava lanciare questo spunto di riflessione: come è accaduto che il femminismo sia stato negativizzato senza possibilità di appello? Come siamo arrivati a questo? Chi sono i principali responsabili di questa operazione? E quali sono le tappe che hanno portato alla situazione attuale? O è stata una caduta lenta e insesorabile?
Attraverso alcune ricostruzioni forse si potrebbe disattivare qualcuna di queste operazioni di svalorizzazione e provare a ricostruire una rinnovata positività. Se qualcuno ha qualche idea in merito, mi piacerebbe che la condividesse con noi.

margherita